SANDA: SPECIALITA' DI COMBATTIMENTO LIBERO
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Viaggio nello spazio e nel tempo
La più antica tradizione marziale attestata da fonti scritte sin dall’XI sec. a.C. e ininterrottamente tramandata fino ai nostri giorni da un numero incalcolabile di praticanti è costituita dalle arti marziali cinesi, indicate con il termine cinese Wushu (che significa appunto "arte marziale"), impropriamente note in occidente anche con il termine Kungfu (che significa genericamente "abilità"). E’ significativo a questo proposito che la Chinese Wushu Association e la federazione internazionale delle arti marziali cinesi, l’International Wushu Federation (Iwuf), abbiano scelto ufficialmente il termine Wushu al posto di Kungfu, che pure in parte qualche federazione nazionale (come quella italiana) continua ad usare. Per chi volesse approfondire tale questione (magari con l’aiuto di un sinologo) rimane molto chiaro ed interessante il lungo intervento del Dott. Xu Cai, primo Presidente della International Wushu Federation nella prefazione al Zhongguo Wushu shiyong daquan ("Dizionario pratico della Arti Marziali cinesi"), ed. Guoji Shudian, Pechino, prima edizione 1990.
Ma cosa troviamo all’interno di questa tradizione tanto antica e complessa? Il patrimonio del Wushu comprende un’ampia gamma di specialità legate alle forme (taolu), cioè sequenze codificate di movimenti, che prevedono sia stili esterni (caratterizzati da movimenti più dinamici) sia stili interni (legati all’incremento dell’energia vitale). Le forme possono essere eseguite a mani nude o utilizzando le quattro armi cinesi più famose: il bastone, la lancia, la sciabola e la spada. Esistono inoltre i combattimenti prestabiliti: in coppia o trio, a mani nude o con armi o pure a mani nude contro armi. Alcuni stili poi prevedono l’uso delle altre armi tradizionali cinesi: doppie sciabole, spade uncinate, lancia tridente, alabarda, bastone a tre sezioni, frusta a nove sezioni ecc. L’analogato più vicino delle forme nelle tradizioni sportive occidentali può essere la ginnastica artistica, in articolare la ginnastica ritmica, con la particolarità che nel Wushu i movimenti hanno un’origine marziale. Le competenze espresse dagli atleti di forme nelle competizioni possono raggiungere livelli tecnici particolarmente elevati, basti pensare che il salto con avvitamento, comunemente noto come "farfalla", utilizzato nel pattinaggio artistico viene proprio dal Wushu.
Oltre alle forme le arti marziali cinesi prevedono una specialità di combattimento libero, appunto il Sanda (o Sanshou). Come per alcune specialità di forme i cinesi hanno messo mano al loro patrimonio tradizionale codificandolo e riproponendolo nel contesto contemporaneo così il combattimento libero ha oggi una "veste" consona al moderno ambito sportivo, con una codificazione determinata da precisi regolamenti, che prevedono anche l’uso di adeguate protezioni. A parte questo necessario aggiornamento il combattimento libero è sempre esistito nella millenaria storia del Wushu; le stesse forme del resto sono nate proprio per la necessità di ripassare il repertorio di tecniche di combattimento da parte dei praticanti, che nei tempi più antichi erano militari. Non di rado chi ideava una forma era un ufficiale di alto rango o addirittura un generale, come per esempio il famoso generale della dinastia Ming, Qi Jiguang (1525 – 1587), al quale si riconducono le origini della specialità del Taiji quan. Nei tempi più remoti fu la necessità della caccia o di difendersi da animali feroci che costituì lo stimolo a sviluppare tecniche di combattimento, in seguito nella storia della Cina vi furono vari periodi bui nei quali o le guerre o i briganti o gli stessi inviati dell’Imperatore costringevano la popolazione a sapersi difendere in modo efficace. A parte ciò la pratica del Wushu trovava espressioni in molteplici aspetti della vita sociale: momenti rituali, feste, danze, esami e vere e proprie competizioni, comprese quelle con combattimenti, a mani nude o anche con armi. Sappiamo ad esempio che nello stato di Wu nel corso di una gara di scherma furono ferite o uccise più di 60 persone nei sei giorni della competizione e che in quello stato le cicatrici erano molto comuni nel popolo, ciononostante l’amore per la scherma continuò ininterrottamente sia presso gli uomini sia presso le donne (cfr. Li Tianji, "Guida alle arti marziali cinesi").
Tre "tesori" fra quattro
Il combattimento è quindi sempre stato presente nella tradizione marziale cinese ma come si presenta oggi nella sua veste sportiva? Gli atleti si confrontano divisi per categorie di peso e utilizzando adeguate protezioni: guantoni, caschetto, corpetto, conchiglia, paradenti e per le femmine anche il paraseno; nelle competizioni internazionali, anche a livello europeo, è stato eliminato l’uso del paratibia con parapiede (esponendo però gli atleti a maggiori rischi di infortunio). Chi non conosce il sanda e non ne ha mai visto un incontro di buon livello si potrebbe chiedere il senso di tutte queste protezioni ma vedendo e, ancor meglio, provando l’efficacia delle tecniche che vengono utilizzate giungerebbe molto probabilmente alla conclusione che nelle protezioni non vi è proprio nulla di superfluo!
Le tecniche utilizzate nel combattimento libero sono le tecniche di attacco e difesa di qualsiasi stile o scuola di Wushu. Non si tratta tuttavia di tutto il patrimonio delle arti marziali cinesi che comprende quattro aspetti del combattimento, basati rispettivamente sull’uso di: pugni e colpi con gli arti superiori, calci e colpi con gli arti inferiori, proiezioni e torsioni o controleve articolari. Infatti i regolamenti internazionali non prevedono combattimenti nei quali si faccia ricorso alle torsioni articolari (Qinna) e il motivo è evidente: oltre ad arrecare un dolore fisico difficilmente sopportabile la torsione portata a compimento potrebbe provocare lesioni o fratture e comunque inaccettabili danni fisici. Non è un caso che le tecniche di Qinna siano invece studiate, e all’occorrenza praticate, da corpi speciali di polizia, abituati ad essere particolarmente efficaci e autorizzati a utilizzare procedimenti anche invasivi o addirittura letali, come per esempio la polizia cinese, israeliana e altre. A parte quindi le torsioni articolari, che vengono studiate come patrimonio della tradizione (attualmente oggi, in via sperimentale, negli incontri sportivi di "Chinese Art of War Fighting" sono state regolamentate e introdotte), ma non trovano un’applicazione sportiva diffusa su larga scala nemmeno nel contesto cinese, nel Sanda è previsto l’uso degli altri tre aspetti del combattimento: calci, pugni e proiezioni (queste ultime sono tecniche particolari volte a bloccare e atterrare l’avversario). Per questo insieme di tecniche, lungamente allenate ed eseguite con potenza e precisione, un buon atleta di Sanda raggiunge un’efficacia in combattimento difficilmente paragonabile a quella di altre specialità di combattimento, anche perché il bagaglio di tecniche utilizzate è più ampio, oltre al fatto (non indifferente) di avere alle spalle la più antica e ininterrotta tradizione marziale. Forse a questo proposito può essere chiarificante un piccolo esempio, tratto da diverse esperienze concrete: quando alle gare di Sanda un atleta di questa disciplina si confronta con un atleta che proviene da altri sport riesce ad avere molte volte la meglio per il fatto di conoscere bene le tecniche di braccio e di gamba che può conoscere anche il suo avversario ma a differenza di questi, sapendolo anche proiettare, mette in atto tecniche contro le quali l’avversario non sa difendersi, e la scarsa abilità nel cadere, purtroppo, comporta anche la possibilità di infortunarsi durante la caduta.
Dentro i regolamenti
Secondo la tradizione del Wushu l’atleta che arriva al sanda può aver praticato per molti anni gli stili di forme, giungendo ad una agilità, flessibilità articolare e potenza molto particolari, il tutto espresso in gesti marziali che fondamentalmente poi trovano espressione proprio nel Sanda. Non per niente i regolamenti internazionali prescrivono che non si possa combattere prima di aver compiuto il 18° anno (a questo proposito ricordiamo che all’8° Campionato del Mondo di Hanoi nel 2005 un atleta dello Yemen non ha potuto gareggiare perché avrebbe compiuto 18 anni pochi giorni dopo la fine del campionato), questa norma comporta prima di tutto un’attenzione doverosa verso la salute degli atleti, peraltro rimanda anche all’importanza di un lungo percorso di formazione che può trovare proprio nell’allenamento delle forme un terreno ideale dove porre solide radici.
E’ interessante sapere che l’antica tradizione cinese del Quanshu prevedeva che al combattimento potessero accedere solo gli atleti che avevano prima gareggiato qualificandosi nelle specialità di forme; il nascente settore di Wushu dell’ADO (Area Discipline Orientali) – UISP ha in cantiere di rifarsi anche a questa tipologia di competizione.
Nel Sanda i colpi possono essere portati a termine con la massima potenza, tanto che è prevista la possibilità del KO, anche per questo i vincoli relativi all’età (non meno di 18 e non più di 35 anni) e alle protezioni sono fondamentali. Anche se non contemplato nel regolamento Iwuf nel regolamento europeo (Ewuf) è previsto anche il Semi-Sanda (o QingDa, ma andrebbe ricordato che questo termine non ha riscontro in Cina. Neanche "Semi Sanda" per la verità, esiste in Cina, ma il termine è più chiaro e più difficile da storpiare. Non dimentichiamo che in Italia varie sigle organizzano competizioni di Qingda, Qinda, Quingda e Quinda, ma c’è anche chi usa "Light Sanda"), una specialità a "contatto leggero" che contempla tutte le tecniche del Sanda ma con la caratteristica che i colpi devono essere portati con "potenza ridotta"; ciò significa che la tecnica deve essere portata per colpire l’avversario senza però recargli KO o lesioni, pena la squalifica dell’atleta. E’ importante precisare che benché nel Semi-Sanda il KO non sia previsto rimanga però una reale possibilità alla quale l’atleta è esposto, perciò apparirebbe logico estendere anche a questa specialità il divieto ai minorenni di accedere ai combattimenti, come previsto nel Sanda. Peraltro in Italia tale divieto è comunque previsto per legge e per i regolamenti del CONI e riguarda tutti gli sport da combattimento.
Verso l’anima del Sanda
I regolamenti sono indispensabili per rendere possibile il combattimento, oltre che per poterlo arbitrare correttamente, in questa sede vi abbiamo fatto solo qualche accenno anche perché le norme sono tantissime e spesso hanno un carattere piuttosto tecnico ma rimane ancora da chiarire la cosa più importante: lo spirito con cui l’atleta si accosta al combattimento. Lungi da banalizzazioni commerciali, o da aspetti devianti e di basso profilo, l’atleta di Sanda non intende umiliare o annientare il proprio avversario, vuole piuttosto esprimersi in un confronto sportivo (ben disciplinato), che rimane di buon livello nella misura in cui è svolto con correttezza e onore. Ancora più in profondità il confronto prima che con l’avversario è con se stessi: consiste nella propria capacità di mettere a frutto le numerosissime ore di allenamento, nel sopportare la fatica, il rilevante impegno fisico e, fino ad un certo limite, anche la sofferenza; consiste inoltre nel capire la tecnica più remunerativa da usare in un dato momento e rispetto a quella tipologia di avversario, mantenendo un lucido controllo delle proprie azioni e reazioni, vincendo il timore e la rassegnazione. Vissuto in riferimento a tali dimensioni, che non s’improvvisano anzi si costruiscono nel tempo e con fatica, il Sanda può diventare un efficace strumento per la maturazione della personalità, insieme alle tante altre specialità del Wushu; specialità anche molto diverse ma che pure compongono insieme come un grande e prezioso mosaico, nel quale ogni tassello ha il suo senso sia in sé sia nella propria relazione con gli altri tasselli e con tutto l’insieme. In questo senso il Sanda non solo può avere importanti legami con gli stili esterni ma anche con gli stili interni, sia perché si tratta comunque di stili che esprimono movimenti marziali, sia per un motivo difficilmente comprensibile agli occidentali: l’energia a cui si fa appello nel combattimento non è solo un fatto di muscoli, è prima di tutto un’energia interiore, quella che i cinesi chiamano Qi gong!
di Claudio Albieri e Ferdinando Costa
Ecco una proiezione, patrimonio tecnico caratteristico del Sanda