DIVENTARE COME L'ACQUA
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Il Wushu ha innegabilmente legami profondi con la storia, l’arte, la cultura, le filosofie ... della Cina, ce ne può dare in qualche modo testimonianza il famoso detto cinese: "gli studi letterari e le arti marziali sono i doveri del gentiluomo".
A differenza di altre discipline sportive non si tratta nella pratica del Wushu di arrivare semplicemente a competenze e performance particolarmente complesse e tecnicamente elevate sul piano ginnico, ciò è evidentemente già un risultato qualitativamente rilevante, ma la conoscenza del Wushu contempla pure un certo grado "d’immersione" nella cultura e quindi anche nella storia della Cina; opera forse non facile per noi occidentali ma nemmeno impossibile. In molte occasioni infatti nel corso del tempo gli uomini e le civiltà si sono incontrati in modo anche particolarmente fecondo, per quanto riguarda il rapporto tra Occidente e Cina possiamo pensare ad esempio all’opera di Matteo Ricci; vi sono inoltre archetipi, modelli culturali, valori, costantemente presenti in molte grandi tradizioni e ciò favorisce la possibilità dell’incontro, del dialogo, del confronto con un mondo culturale diverso nel quale è comunque possibile trovare importanti elementi anche della propria tradizione.
Il Wushu è legato ad alcuni elementi delle antiche filosofie cinesi, tra cui certamente il taoismo; non è forse un caso che molte società sportive che praticano le arti marziali cinesi abbiano nel proprio logo il simbolo del Tao (utilizzato comunque anche in altre tradizioni filosofiche cinesi oltre al taoismo).
L’antica tradizione taoista continua ad avere cose importanti da dirci in merito a esercizi respiratori e di tipo ginnico ma anche sul rapporto tra uomo e ambiente, sulla ricerca di valori etici e metafisici e su una conoscenza profonda dell’uomo e del suo "funzionamento".
La componente anche culturale nella pratica del Wushu diviene importante perché interpella la nostra disponibilità e capacità di approfondimento, senza prescindere certo anche dalla conoscenza della propria identità culturale: proprio se sappiamo chi siamo ci risulta più facile anche il confronto con l’altro. L’incontro con testi classici della tradizione cinese come per esempio il Tao Te Ching, ci immette da un lato in un universo poco consueto e quasi disorientante, d’altro canto è anche vero che se proseguiamo in questo cammino di conoscenza possiamo assumerne le chiavi interpretative di fondo e prenderne dimestichezze con le modalità narrative. Peraltro sia molti importanti contenuti sia alcune fondamentali modalità espressive di questo caposaldo della tradizione taoista sono del tutto analoghe a quanto possiamo ritrovare in documenti di tradizioni del Medio Oriente e dell’Occidente, come ad esempio alcuni testi biblici, soprattutto quelli sapienziali dell’Antico Tetamento, o altri scritti spirituali. Insomma accedere ai tesori dell’antica tradizione del Wushu, sotto il profilo della pratica e insieme sotto il profilo dell’approccio culturale, è cosa possibile e certamente remunerativa.
Alla luce di queste considerazioni è forse possibile tentare un piccolo "tuffo" in alcuni aspetti delle cultura cinese per leggere sotto quella prospettiva alcuni elementi della pratica del Wushu. Come "punto d’immersione" (evidentemente fra i tantissimi possibili) scegliamo il già citato famoso testo del Tao Te Ching, che secondo la tradizione è attribuito a Lao Tze e datato al VI secolo a.C., anche se per gli studiosi la datazione oscilla tra il VI e il III sec. a.C.. Nel 43° capitolo di questo testo, tanto breve quanto denso, leggiamo: "niente al mondo è più molle e debole dell’acqua; ma nell’avventarsi contro ciò che è duro e forte, niente può superarla" (Tao Te ching, a cura di J.J.L. Duyvendak, Adelphi Ed., 2007, p.109). Questo passo, come vari altri del Tao Te Ching, è legato a complesse questioni filologiche e quindi anche interpretative, ciononostante il significato, nell’ambito anche della filosofia di fondo del libro, può essere rinvenuto in riferimento al principio del "non agire" (wu wei), preso come ottica interpretativa privilegiata nel parlare del Tao. Gli opposti complementari Yin, il principio freddo, oscuro, femminile, e Yang, il principio caldo, chiaro, maschile, s’incontrano con fecondità e armonia in modo dinamico; in base a questa concezione si ritiene comunque privilegiata la condizione di ciò che è vuoto, decrescente, debole … perché tale condizione può portare in modo naturale a pienezza, crescita e successo. Questo concetto è particolarmente caro all’autore del Tao Te Ching e ricorre più volte nel testo come anche nel Chuang-tzu, altro testo chiave del taoismo; ecco qualche altro esempio dal Tao Te Ching: "la debolezza è il metodo della Via (= Tao)" (cap. 40, p. 104 op. cit.) e "il debole prevale sul forte e il mole sul duro" (cap. 78, p. 167 op. cit.). Tutto ciò ha a che fare con particolari concezioni della filosofia taoista, che richiederebbero in realtà una necessità di approfondimento che risulterebbe eccessiva rispetto a questo tipo di contributo, tralasciando quindi le implicazioni più complesse, sia di carattere teoretico sia di tipo etico, proviamo ad accennare ad alcune possibili ipotesi interpretative del passo sopra citato riferendolo ad alcuni aspetti della pratica del Wushu. Cosa può significare in questa ottica "essere molli e deboli come l’acqua" e proprio per questo risultare maggiormente efficaci?
Come il messaggio essenziale del Tao può essere applicato a differenti contesti di vita, in modo appunto fluido e dinamico, così possiamo ipotizzare una molteplicità di applicazioni riferite a differenti ambiti di pratica del Wushu. Per esempio: rispetto alla pratica del Sanda si può dire che "essere molli" potrebbe significare che un atleta con un peso e una tonicità muscolare leggermente inferiore rispetto al proprio avversario potrebbe comunque vincerlo grazie alla propria agilità nello schivare i colpi o anche grazie ad una buona conoscenza e applicazione delle tecniche di proiezione. Nell’esecuzione di una forma di gruppo essere come l’acqua potrebbe invece significare saper adattare il proprio ritmo a quello dei propri compagni, con una duttilità che, rinunciando forse al massimo rendimento della propria performance individuale, permette tuttavia di raggiungere il miglior livello possibile per il gruppo. Analogamente nei duilien "essere molli come l’acqua" potrà significare per chi è in difesa la capacità di adeguarsi a: movimenti, ritmo, velocità e interpretazione di chi è in attacco e viceversa. Oppure in riferimento ad alcune caratteristiche delle forme la "debolezza" potrebbe anche riferirsi al fatto che, soprattutto negli stili interni (ma non solo), il vero significato marziale dei movimenti non è evidente ma piuttosto celato; quindi la leggiadra armonia dei movimenti è in realtà ripasso ed espressione nascosta di efficaci applicazioni marziali. In un altro senso essere come l’acqua, che pur adattandosi a qualsiasi recipiente mantiene però sempre la propria identità, potrebbe anche indicare la capacità dell’atleta di esibire con qualità la propria performance, nell’esecuzione individuale della forma, in qualsiasi contesto si trovi: dalla palestra silenziosa, al caotico palazzetto dello sport in cui si svolge la gara, al parco pubblico più o meno affollato … Inoltre nel Tuishou "essere molli" potrebbe indicare la mobilità delle anche e del busto che attraverso una morbida rotazione vengono a rendere inefficace la spinta dell’avversario, fino a giungere addirittura a fargli perdere l’equilibrio. Nell’allenamento del Qinna "essere molli" può riferirsi invece al particolare tipo di presa che si effettua nella torsione articolare delle dita dell’avversario: se la presa è rigida l’avversario può sgusciarne fuori abbastanza facilmente, se la presa è "multipla", come per afferrare un’anguilla, il successo della torsione è maggiormente assicurato. Poi in alcuni stili, sia esterni sia interni, il ritmo delle forme è particolarmente fluido e morbido, come quello di un fiume che scorre placido, mentre in altri stili il ritmo è interrotto ed esplosivo, come uno scroscio temporalesco o una sorgente dal getto interrotto o un’esuberante cascata a primavera. Insomma l’immagine della morbidezza dell’acqua (con l’idea che la sottende) colta dal Tao Te Ching ci può dire tante cose importanti sul Wushu, non per niente i cinesi nella didattica delle arti marziali utilizzano volentieri e in diverso modo l’immagine dell’acqua.
Con tutti i limiti che ogni esempio e ogni schematismo comunque contengono si è inteso dare un‘idea di quanto potrebbe essere fecondo l’approfondimento e la conoscenza del Wushu in riferimento ad una certa conoscenza di alcuni aspetti della cultura cinese.
Con ciò non s’intende tuttavia sostenere che un praticante occidentale di Wushu debba "convertirsi" in tutto ai modi di pensare, vivere, mangiare ecc. tipici della Cina. Questo non avrebbe senso per vari motivi, compreso il fatto che le componenti della cultura cinese sono particolarmente varie, complesse e anche spesso tra loro intrecciate in modo singolare e pure contraddittorio; come nel caso della convivenza nella stessa persona di credenze confuciane e taoiste (che afferiscono a scuole di per sé piuttosto lontane e anche in parte contrapposte), o "all’incrocio" fra buddhismo e taosimo, magari con elementi che derivano dalla tradizione hindu ecc. La Cina peraltro è molto grande e vi trovano posto etnie e minoranze anche molto varie, legate a differenti tradizioni culturali e religiose. Anche solo per questo sarebbe molto difficile e probabilmente impossibile sostenere un sicuro e "univoco" modo cinese di pensare, vivere e di conseguenza di praticare il Wushu. Inoltre un conto è avere una certa conoscenza della cultura relativa all’ambiente della disciplina che si pratica, un conto è sostenere che coloro che non mangiano menu cinese e non bevono te cinese e magari non parlano mandarino ... non possono praticare il Wushu! Del resto non è detto che un sinologo occidentale, per il fatto conoscere la lingua e la letteratura cinese, sia anche un buon conoscitore del Wushu! Infine non certo tutto ciò che è legato alla cultura cinese è ugualmente prezioso o esente da problemi, basti pensare alla storica, e purtroppo ancora attuale, assenza di riflessione (con la relativa assenza di attenzione) in merito al grande tema dei diritti umani.
Quello che si è tentato di affermare è semplicemente la complessa interconnessione fra Wushu e cultura e storia della Cina in forza della quale partendo da uno di questi elementi è possibile raggiungerne con maggiore profondità anche un altro e viceversa, così come … i principi del Tao s’incontrano tra loro dinamicamente e armoniosamente. Chi riesce ad entrare in questo dinamismo, pur mantenendo la propria identità culturale di occidentale, ne trarrà giovamento, forse anche per dare più armonia e qualità … al proprio movimento.
Ferdinando Costa