TAIJIQUAN E SPIRITUALITA'?

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Il Taijiquan può ben indicare lo spirito orientale: ciò che vi si vede rimanda ad altro e in un modo particolarmente ineffabile! Un occidentale potrebbe interpretare questa specialità del Wushu come una sorta di meditazione in movimento, carica di valenze spirituali, mistiche oppure anche esoteriche: a questo proposito si può notare come il Taiji abbia di certo legami non trascurabili con il Taoismo, con la medicina tradizionale cinese e come innegabilmente giovi al benessere psicofisico e sia decisamente efficace nel rasserenare; peraltro la presenza di questi elementi non autorizza automaticamente a spingersi sui piani della spiritualità, si potrebbe correre il rischio di fare torto sia al Taiji sia alla spiritualità!

Come sempre il ricorso alla tradizione può chiarire le idee: basterebbe forse anche solo prendere in considerazione gli stessi ideogrammi che compongono "Tai-ji-quan", notando come "quan" significhi inequivocabilmente "pugilato" (o anche "stile di combattimento"). La radice marziale del Taji è del resto evidente anche rispetto a coloro che hanno dato vita a questo stile: lasciando cadere ipotesi fantasiose che chiamerebbero in causa fra gli altri Zhang Sanfeng (1368-1644) le ricerche di insigni studiosi cinesi, quali Tang Hao e Gu Liuxin, hanno dimostrato che le origini del Taiji vanno ricondotte a Qi Jiguang (1525-1587), famoso generale della dinastia Ming, e alla successiva elaborazione di Chen Wanding (m. 1714) e dei suoi discendenti, tutti legati a mansioni militari. Sarebbe infine chiarificante chiedersi il significato dei gesti che si compiono nelle forme di Taijiquan o anche prendere in esame il peso che la didattica cinese attribuisce allo studio del Tuishou e delle applicazioni marziali: l’applicazione di alcuni movimenti corrisponde infatti a tecniche considerate scorrette nel confronto sportivo (come il calcio all’inguine in "la gru bianca apre le ali") o invasive (vedi le varie tecniche di Qinna, come "afferrare la coda del passero"), tecniche che talvolta, se finalizzate, arriverebbero perfino a provocare il decesso dell’avversario (come "sferrare un pugno" che in modo tipicamente "cinese" non è niente affatto un pugno). Considerando questi aspetti che inequivocabilmente costituiscono una parte rilevante dei contenuti tecnici del Taiji, almeno da parte di coloro che in Cina lo hanno inventato e trasmesso fino a noi, sostenere legami diretti fra questo stile delle arti marziali cinesi e percorsi di tipo spirituale risulterebbe un’operazione forse oggi accattivante e commercialmente remunerativa ma abbastanza discutibile! Se disposto a confrontarsi con un contesto culturale molto diverso anche un occidentale può capire che le forme di Taiji sono nate per l’esigenza di ripassare e allenare un determinato repertorio di tecniche marziali e anche per acquietarsi (visto che in origine i Chen avevano diverse uccisioni sulla coscienza); una volta che avrà colto correttamente questo patrimonio così come viene oggi trasmesso in Cina anche un occidentale potrà usufruirne con grande profitto nel proprio contesto ma auspicabilmente senza far diventare il Taiji ciò che non è.

Ferdinando Costa

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