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Lo stile di Taijiquan che conta più praticanti è il Taiji Yang, ideato dal maestro Yang Luchan (1799 – 1872), allievo di Chen Cangxin (della 14° generazione della famiglia Chen). Li Bokui e Yang Luchan furono i primi due allievi, esterni alla famiglia Chen, ai quali fu concesso di apprendere il Taiji Chen. In base alla propria esperienza il maestro Yang modificò le tecniche apprese dando vita ad uno nuovo stile, che avrebbe poi preso il suo nome, caratterizzato da movimenti costantemente lenti e morbidi, eliminando i movimenti bruschi ed esplosivi presenti nella scuola Chen. Quello di Yang Luchan è uno dei nomi più famosi della storia del Wushu, egli fu assunto dal principe Duan, appartenente ad una delle famiglie reali della capitale, come istruttore di Arti Marziali del suo casato; in seguito fu nominato ufficiale alla corte Qing e Maestro d'armi nell'esercito.Nel 1925 lo stile Yang fu introdotto nelle scuole cinesi ed insegnato ai professori di educazione fisica. Dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese, il I ottobre 1949, il Partito Comunista Cinese ed il Governo hanno dato grande importanza allo studio, alla sistematizzazione e alla diffusione delle Arti Marziali ed in particolare del Taijiquan, ritenendo queste pratiche indispensabili per la salute del popolo; fu così che vennero costituiti i primi sei Istituti di Educazione Fisica comprendenti il Dipartimento di Wushu. Si ritenne quindi importante attivare un processo di revisione e codificazione del patrimonio del Wushu, per definire esattamente i programmi formativi per gli Istruttori di Wushu.
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Come è noto secondo la tradizione cinese i movimenti codificati nelle forme sono legati ad un preciso significato marziale, è in questa ottica che si può cogliere il contenuto originario dei movimenti eseguiti di scatto nello stile Chen: si tratta del riferimento ad una finalizzazione, cioè ad una tecnica invasiva portata a termine (per esempio una pressione, effettuata tramite strangolamento, che si conclude con un colpo secco atto a provocare il decesso dell’avversario).
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Posto che nel Wushu si cresce insieme, grazie all'esempio di un buon maestro, ci sembra utile fornire anche qualche indicazione per l’allenamento individuale, rivolta direttamente ai praticanti di Taiji, con una concentrazione più specifica sulla spada; con la precisazione che si tratta di spunti schematicamente sintetici, rivolti a praticanti con un discreto livello di esperienza, perciò si danno qui molte cose per scontate.
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La gru "... batte tre volte le ali":
sto eseguendo la forma del Qi Gong della gru su un
esiguo terrazzino di arenaria sospeso su una selvaggia parete, sopra di me un
falco sta volteggiando in quello che è il suo ambiente ... ma anche il mio. Sono
salito quassù superando il bosco per tracce ripide e scoscese e arrampicando
senza corda su passaggi un po' pericolosi esposti e friabili, ma che conosco
bene da tempo e che so di poter padroneggiare. Il sole filtra fra i rami di un
leccio abbarbicato alla parete, non vi sono altri rumori se non quelli della
natura: è un contesto ideale per la pratica del Qi Gong; solitudine, silenzio e
un bel ambiente naturale non sono indispensabili, né muovono automaticamente le
nostre migliori risorse ma rimangono un buon aiuto, che sta a noi saper
"attivare".
Claudio, secondo la tradizione cinese, ci ha
insegnato a coltivare "pensieri positivi" per una corretta pratica del Qi Gong
o degli stili interni del Wushu (a partire da quello più noto e diffuso, il
Taiji).
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Cinture o bretelle? Tai chi o Taiji? Kungfu o Wushu? KO per minoremmi o Sanda?
Può sembrare del tutto ovvio che le arti marziali cinesi abbiano un rapporto piuttosto
stretto con le arti marziali cinesi, cioè con quanto si pratica e si è sempre
praticato in Cina nell'ambito del Wushu, tuttavia la realtà smentisce
apertamente questa semplice e ovvia constatazione. Come e perché si verifica
questa situazione a dir poco curiosa? Sicuramente le risposte possono essere
varie e complesse, senza nessuna pretesa di completezza avanziamo prima qualche
semplice ipotesi in merito al "perché".
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"Colui che vuol essere calmo regoli la sua respirazione." Zhuang-zi, XXIII
Nel corso di molti secoli Yogin indù, taoisti cinesi,
buddhisti Chan cinesi, buddhisti zen giapponesi, cristiani dediti all'esicasmo
e sufi musulmani hanno prestato un grande interesse a tecniche respiratorie e
meditative legate al controllo della sfera emotiva, in vista di percorsi
interiori relativi a determinate prospettive filosofico-religiose.
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